Grazie allo sviluppo della coltivazione fuori suolo, l'orticoltura si è estesa a diverse regioni, consentendo agli agricoltori di ottenere rese elevate e di produrre colture di alta qualità, anche in condizioni avverse. Il primo termine utilizzato per definire i sistemi di coltivazione fuori suolo è stato 'idroponica', coniato da William Frederick Gericke nel 1930. Questo termine descrive il metodo di erogazione di soluzioni nutrienti ricche di minerali (concimi disciolti in acqua) per sostenere la crescita e lo sviluppo delle piante in assenza di terreno. Il termine è stato successivamente trasformato in coltivazione fuori suolo in quanto il principale componente di tale sistema può essere un solido o liquido, con substrati organici o inorganici.

In linea di principio la coltivazione fuori suolo è un substrato che fa parte di un impianto artificiale di coltivazione in cui le piante sono coltivate senza terreno. Tale sistema fornisce alle piante un supporto fisico, regola il flusso d’acqua, funge da serbatoio di nutrienti e permette lo scambio di gas da e verso le radici.

I sistemi di coltivazione fuori suolo sono classificati in base al tipo di substrato utilizzato (fuori suolo), al modo in cui la soluzione nutritiva viene distribuita alle piante (irrigazione a goccia, soluzione nutritiva con flusso corrente o stagnante) e a ciò che accade alla soluzione dopo che viene drenata: nel ciclo aperto l’acqua viene scaricata, nel ciclo chiuso l’acqua viene riutilizzata. I sistemi fuori suolo possono essere inorganici (ad esempio sabbia, ghiaia, ciottoli, perlite, lana di roccia, vermiculite), organici (ad es. gusci di riso, torba, segatura, paglia, fibra di cocco) o sintetici (ad es. schiuma, spugne, fibra plastica assorbente l'umidità). L'orticoltura si è sviluppata in tutto il mondo, grazie alla varietà dei sistemi di coltivazione fuori suolo, consentendo agli agricoltori di produrre alimenti e piante ornamentali con rese elevate e di vendere prodotti di alta qualità (Gruda, 2009).

La qualità di una coltivazione fuori suolo implica numerosi indicatori e la sua valutazione varia da una regione all'altra, a seconda del parere del singolo agricoltore e dei suoi obiettivi di gestione, come la produttività, la qualità, il riciclaggio dei rifiuti e/o la sua sostenibilità. Affinché la coltivazione fuori suolo sia produttiva occorre tener conto delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche del substrato nel momento in cui si valuta il funzionamento del sistema.

Caratteristiche fondamentali per un buon substrato

I substrati per la coltivazione fuori suolo sono utilizzati per scopi orticoli in tutto il mondo. La scelta dei parametri è meno complessa rispetto a quella per il terreno, poiché il suolo ha molteplici usi (ad es. per l’agricoltura, la silvicoltura, la progettazione, il tempo libero, l’edilizia, ecc.) a seconda delle sue proprietà fisiche e chimiche. Ad esempio la qualità del terreno destinato alla costruzione sarà diversa dalla qualità del suolo destinato all’agricoltura. I parametri per delineare una buona coltivazione fuori suolo saranno sempre gli stessi di quelli utilizzati per l’agricoltura.

Molti tipi di substrati per la coltivazione fuori suolo vengono usati nell’orticoltura e la selezione dipenderà principalmente dalla competenza e dall’esperienza del coltivatore, dalla disponibilità di questi e dai costi. Come parte del settimo programma quadro dell'Unione europea, il progetto EUPHOROS (Uso efficiente dei contributi nell'orticoltura protetta) (Pardossi et al., 2011) menziona che il substrato ideale dovrebbe avere alcune proprietà fisiche e chimiche come segue:

  • Una consistenza uniforme che drena bene ma mantiene nutrienti e acqua per il sistema radicale.
  • Basso peso specifico per facilitare l’installazione e il trasporto (tra 190 e 700 kg/ m3).
  • Alta porosità (tra il 50% e l'85%).
  • Distribuzione granulometrica per mantenere un buon equilibrio tra la ritenzione di aria e di acqua (compresa tra 0,25 e 0,5 mm).
  • Un pH tra 5.0 e 6.5 che possa anche essere regolato facilmente.
  • Basso contenuto di sali solubili.
  • Inerzia chimica, vale a dire il substrato non influisce sulla soluzione nutritiva rilasciando ioni inorganici o immobilizzando i nutrienti.
  • Capacità di mantenere le caratteristiche originali in modo da poter essere utilizzato per molti cicli di coltivazione successivi.
  • Assenza di agenti patogeni e parassiti (ma non necessariamente sterile) e senza composti tossici per le piante.
  • Capacità di essere prodotto in lotti uniformi (per consentire l'uso di programmi di fertilizzazione uniformi).

Oltre a queste qualità, un'altra caratteristica di un buon substrato per la coltivazione fuori suolo è la sua capacità di rimediare agli errori dei coltivatori come il sovradosaggio di acqua o un’eccessiva concimazione, come indicato da Stan Claasen (un orticoltore olandese - comunicazione personale).

Il confronto tra le principali caratteristiche fisiche e chimiche dei substrati di coltivazione fuori suolo più comunemente utilizzati (si veda la tabella 1) fornisce una panoramica dei possibili vantaggi e svantaggi dell'uso di uno o di altri substrati, oltre alla interessante possibilità di combinarli tra loro.

Tabella 1. Caratteristiche fisiche e chimiche di substrati (adattati da Johnson (anno sconosciuto); Abad et al., (2005) e Asiah et al., (2004))..

Substrato Densità apparente Ritenzione idrica Porosità Capacità di scambio cationico Tasso di decomposizione (C:N)
Bagassa Bassa Alta Bassa Media Alto
Segatura Bassa Alta Media Alta Alto
Pula di riso Bassa Bassa Alta Media Medio
Vermiculite Bassa Alta Media Alta Basso
Muschio della torba Bassa Alta Alta Alta Medio
Corteccia Bassa Media Media Media Medio
Cocco / fibra di cocco Bassa Alta Alta Media Basso
Sabbia Alta Bassa Media Bassa Basso
Unità di misura (g/cm3) % % (meq/100g) ratio
Basso: 0,25 20 5 10 1:200
Medio: 0,25 - 0,75 20-60 5-30 10-100 1:200 - 1:500
Alto: 0,75 60 30 100

1:500

Quando si utilizza solo la bagassa (a base di residui della lavorazione della canna da zucchero), per esempio, il suo alto tasso di ritenzione idrica e bassa porosità porterà a una scarsa aerazione e uno scarso drenaggio. D'altra parte, gli scarti di riso hanno una bassa ritenzione idrica e un'alta porosità portando allo stress idrico delle piante se viene utilizzato da solo. Sia gli scarti di riso sia la bagassa hanno un alto tasso di decomposizione e quindi richiedono un elevato apporto di azoto per evitare che i microrganismi e le piante lottino per l'azoto. Quando si valutano le caratteristiche di ciascuna coltivazione fuori suolo, la loro combinazione di solito fornisce un'alternativa soddisfacente per i coltivatori. Tuttavia, la combinazione di substrati non dovrebbe essere effettuata semplicemente sulla base della disponibilità e della riduzione dei costi ma dovrebbe tenere conto delle proprietà di base come quelle indicate nella tabella 1.

Quando una coltivazione fuori suolo fornisce un supporto alle piante e regola il flusso dell’acqua

Il peso specifico apparente rivela la capacità del fuori suolo di agire come supporto strutturale, movimento dell’acqua e del soluto e ventilazione. Esso esprime il peso del substrato o delle particelle medie in termini di volume. I solidi e lo spazio interstiziale tra i pori sono quindi considerati insieme al peso del suolo o del substrato. Se lo spazio interstiziale è molto stretto, il suolo o il substrato molto probabilmente avranno problemi dovuti alla compattezza (figura 1).

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Coltivazione fuori suolo – perché è un buon metodo di coltivo?
Figura 1: La ritenzione idrica e la porosità sono indicatori importanti per la coltivazione nei sistemi fuori suolo, che dovrebbero avere un buon equilibrio al fine di ottimizzare il flusso di soluzioni nutritive alla pianta. Quando si utilizza solo la bagassa (1) il suo alto tasso di ritenzione idrica e la bassa porosità porterà a scarsa aerazione e drenaggio. Gli scarti di riso (2) presentano una bassa ritenzione idrica e un'elevata porosità che, se utilizzata singolarmente, provoca stress idrico alle piante.

I terreni minerali hanno una densità apparente media di 1400 kg/m3 con circa 47% di spazio poroso. Diversamente le coltivazioni fuori suolo come la torba di sfagno e vermiculite che hanno una densità apparente di 125 kg/m3 e circa il 93% di spazio poroso, o la fibra di cocco con una densità apparente da 40 a 80 kg/m3 e circa 87,5% di spazio poroso (Argo, 1998). Queste cifre dimostrano la consistente differenza di densità apparente e di spazio poroso tra il terreno e le coltivazioni fuori suolo, con i terreni che sono i substrati per la coltivazione più pesanti, mentre la leggerezza delle coltivazioni fuori suolo permette un facile imballaggio e trasporto; tuttavia ciò influisce su altri fattori quali la porosità e la ritenzione idrica.

Una combinazione di bassa porosità e di alta ritenzione idrica portano a una bassa aerazione e a un basso drenaggio. Al contrario, un’alta porosità e una bassa ritenzione idrica causano stress idrico alle coltivazioni. Questi sono fattori importanti per i substrati, che dovrebbero avere un buon equilibrio al fine di ottimizzare il flusso delle soluzioni nutritive alla pianta. Nel suolo naturale, questi indicatori sono più difficili da controllare a causa della pendenza, della struttura e delle condizioni climatiche.

Durante la coltivazione, i fattori sopra menzionati (porosità e ritenzione idrica) possono cambiare a causa della decomposizione della materia organica, dell'attività radicale, del rigonfiamento e del restringimento delle particelle del substrato e del processo di compattazione. Tuttavia, le modificazioni fisiche possono verificarsi solo dopo uno o due cicli di coltivazione a seconda della natura del substrato e del tipo di coltura, consentendo di riutilizzare il substrato (Pardossi et al., 2011).

Vi è un dibattito in corso tra gli scienziati, alcuni dei quali affermano che la resa delle colture cambia quando il terreno di coltivazione viene riutilizzato, mentre altri affermano che le differenze sono quasi trascurabili. In base alle proprietà fisiche del substrato, il concetto del “suo riutilizzo” si basa spesso su un dibattito “ecologico” mentre la redditività prevale come obiettivo principale tra i coltivatori.

Quando il substrato serve come riserva di nutrienti

I suoli contengono ecosistemi di microrganismi e macrorganismi molto diversi, comprese le comunità vegetali. La complessa interazione tra loro è equilibrata, permettendo alle piante e agli animali del suolo di sopravvivere o di riprendersi senza l'intervento umano. Tuttavia, le rese di produzione possono essere tanto elevate quanto quelle delle coltivazioni fuori suolo in cui è necessario l'intervento umano.

La principale differenza tra le coltivazioni fuori suolo e il terreno è la presenza di biodiversità del suolo e di materia organica. Nel suolo la quantità di materia organica è la caratteristica più importante per definire la qualità del suolo. Quando la materia organica entra nel suolo, ad esempio come il letame o i residui delle colture, i composti del carbonio nel substrato vengono scomposti a velocità diverse. Questo processo di decomposizione varia a seconda delle proprietà della materia organica introdotta, dalla fauna del suolo (insieme di organismi che vivono nel terreno) e delle condizioni fisiche e chimiche (tasso di umidità, temperatura, pH, ecc.) che influiscono sulla scomposizione e il rilascio di nutrienti. Quanto più il suolo è decomposto, tanto più la fauna e la flora del suolo sono attive e tanto più consistenti sono i benefici biologici per il raccolto (Janzen, 2006).

Le coltivazioni fuori suolo sono prive di fauna e flora e di substrati naturali, che a volte forniscono materiale organico, ma che generalmente non vengono completamente decomposti.

La mancanza di fauna e flora e di materiale organico facilmente degradabile nelle colture fuori suolo implica che ci sia la necessità di una costante integrazione di nutrienti tramite una soluzione nutritiva, mentre nel terreno i nutrienti vengono rilasciati man mano che il materiale organico si decompone. Ciò significa che caratteristiche come la ritenzione idrica e la porosità sono più importanti nelle coltivazioni fuori suolo. Le soluzioni nutritive sono l’elemento chiave negli impianti di irrigazione delle coltivazioni fuori suolo. Esse possono contenere micro e macro nutrienti disciolti in diverse concentrazioni. Sono state create formule standard per molti tipi di coltivazione, come i pomodori, i cetrioli o le fragole; tuttavia esse possono essere modificate a seconda delle condizioni climatiche prevalenti ( dovute all’evaporazione dell’acqua in superficie proveniente dai substrati e la temperatura), dalla qualità dell’acqua, dal luogo e dalla fase di coltivazione.

L’inerzia chimica è un’altra caratteristica delle coltivazioni fuori suolo che le differenzia in modo significativo dai terreni minerali. In linea di principio non tutti gli elementi devono necessariamente essere utilizzati nei terreni minerali, mentre le coltivazioni fuori suolo hanno bisogno dell’aggiunta di tutti i nutrienti, eccetto carbonio, idrogeno e ossigeno, poiché già presenti nell’acqua e nell’aria. Di conseguenza, l'applicazione continua di soluzioni nutritive nelle coltivazioni fuori suolo porta ad un accumulo di sali e squilibri ionici nel substrato.

Come accennato in precedenza, l’applicazione continua di soluzioni nutritive, soprattutto nei sistemi di irrigazione a ciclo chiuso, può portare al rapido accumulo di sodio e cloruro e una variazione del pH iniziale e uno squilibrio nella fornitura di nutrienti necessaria per le piante. Di conseguenza, la conducibilità elettrica (EC) o la concentrazione di elementi tossici aumenta con la possibilità di compromettere lo sviluppo della pianta. I sistemi di irrigazione a ciclo aperto rappresentano un’alternativa al fine di rallentare il problema dell’accumulo di sali, ma implica anche un enorme spreco di acqua e di nutrienti, aumentando così i costi di produzione e contaminando le falde acquifere e le acque superficiali locali (Pardossi et al, 2011).

Il continuo dilemma tra l'aumento della produttività e la salvaguardia dell'ambiente è alla base della Direttiva Europea sui Nitrati (1991), che suggerisce di applicare i sistemi di irrigazione a ciclo chiuso per favorire l'orticoltura sostenibile, soprattutto in risposta alla preoccupazione per le elevate concentrazioni di nitrati nelle acque di drenaggio provenienti dalle coltivazioni fuori suolo. Il ricircolo delle soluzioni nutritive sarebbe consigliabile fino a quando la conducibilità elettrica e/o la concentrazione di ioni potenzialmente tossici raggiungono un valore massimo accettabile. Successivamente si raccomanda di sostituire (parzialmente o totalmente) il sistema di irrigazione.

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Coltivazione fuori suolo – perché è un buon metodo di coltivo?
Questo è un micrografo elettronico a scansione colorata (SEM) di batteri Bacillus megaterium. Questo batterio è una delle cellule batteriche più grandi e si trova nel suolo. La coltivazione fuori suolo è priva di edafon (organismi che vivono nel suolo), il che significa che un’integrazione costante di nutrienti deve essere fornita attraverso la soluzione nutritiva.

Un substrato sano e l’ambiente

Lo smaltimento delle coltivazione fuori suolo è una potenziale minaccia per l'ambiente in quanto questa può contenere pesticidi, residui di plastica o di colture con malattie che possono diffondersi (Pardossi et al, 2011). Si raccomanda vivamente di riutilizzare il substrato per ridurre i costi di smaltimento e di produzione, ma la potenziale diffusione delle malattie trasmesse dal suolo rimane la preoccupazione principale.

Gli agenti biologici di controllo vengono talvolta aggiunti alle coltivazioni fuori suolo per introdurre una comunità microbica e prevenire la diffusione di patogeni; tuttavia, questo non garantisce la prevenzione da agenti nocivi (Pardossi et al, 2011). Il suolo ha una rete di comunità microbiche molto complessa che può contenere sia organismi patogeni ma anche organismi utili. La loro costante interazione crea un equilibrio nel suolo che permette la crescita delle piante; senza il terreno che agisce come una sorta di tampone tra queste due tipologie di organismi, qualsiasi mancanza di controllo dei microorganismi patogeni o della loro prevenzione può portare rapidamente a una minore resa del raccolto. Di conseguenza, una particolare attenzione alla prevenzione degli agenti patogeni delle radici è necessaria nella coltivazione fuori suolo.

Se il coltivatore riutilizza il substrato per ridurre i rifiuti, prevenire parassiti e malattie nei nuovi cicli di coltivazione può diventare più complicato e costoso, mentre risolvere i problemi relativi alla salinità eccessiva e al pH è più facile. Pratiche come la disinfezione a vapore e la solarizzazione, o la disinfezione chimica (applicazione di fungicidi) sono i metodi più comuni per il trattamento dei substrati di coltivazione in modo che possano essere riciclati.

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Coltivazione fuori suolo – perché è un buon metodo di coltivo?
Solidi e spazio poroso insieme, che sono espressi in un’unità di volume, chiamato densità apparente. Maggiore è la densità apparente, maggiore è la compattazione e minore è lo spazio poroso nel terreno o nel substrato.

Conclusioni

Per rispondere alla domanda generale di “qual’ è una coltivazione fuori suolo di buona qualità?” si devono prendere in considerazione molti fattori, tra cui gli obiettivi del coltivatore, le regioni da cui proviene il substrato, nonché il luogo in cui esso verrà utilizzato e il tipo di substrato. Pertanto, dare una risposta generale è difficile e non realistico.

Abbiamo discusso circa le proprietà fisiche, chimiche, biologiche e pratiche per definire una coltivazione fuori suolo ottimale. Fondamentalmente, il substrato dovrebbe essere in grado di:

  • Fornire un sostegno strutturale alla pianta.
  • Regolare il flusso d'acqua.
  • Fungere da riserva di nutrienti.
  • Fornire un ambiente sano per la crescita della pianta

Per riassumere, le caratteristiche di una coltivazione fuori suolo di buona qualità, sono le seguenti:

I fattori fisici includono una bassa densità apparente (tra 190 e 700 kg/m3), elevata porosità (tra il 50% e l'85%), dimensioni delle particelle tra 0,25 e 0,5 mm e ritenzione idrica tra il 20% e il 60%.

I fattori chimici rappresentati dalla CSC (Capacità di scambio di cationi) (compresi tra 10 e 100 me/100 g), pH facilmente regolabile (da 5 a 6,5), basso contenuto di sale (da 0,75 a 1,9 Dsm-1) e rapporto C:N tra 1:200 e 1:500.

I fattori biologici indicano lo stato di salute del substrato di coltivazione a causa dell'assenza di agenti patogeni e parassiti e dell'assenza di composti tossici.

I fattori pratici quali la capacità del substrato di coltivazione di riprendersi dagli errori dei coltivatori, la sua capacità di mantenere le sue caratteristiche originali (adatte al riutilizzo)e se può essere prodotto in lotti uniformi sono caratteristiche rilevanti nella attuazione di una buona coltivazione fuori suolo.

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